Martedì 26 aprile 2022 - Tappa 6 - Lajatico-Montectini Val di Cecina
Resoconto (tempo di lettura 6 minuti) della tappa n. 6 del Cd'E Pisa-Volterra percorsa il 26 aprile dal gruppo del CAI di Bologna e Pesaro, guidato da Damiana Fiorini e accompagnato da Pierluigi Stagi, socio del CAI di Agliana (Pistoia) nonché attivo socio dell'Ass.ne “Cammini d'Etruria” ODV.
Grande soddisfazione quindi dei primi “pellegrini d'Etruria” per una tappa all'insegna delle forze «ctonie» (infere), in preparazione dell'«epifania» (la visione) di Volterra, “la più etrusca” tra tutte le antiche città-stato etrusche. Lungo il percorso, antiche storie di un ricco folklore hanno dilettato i camminanti, aiutandoli a (ri)scoprire l'identità più profonda del contado volterrano in questa estrema propaggine settentrionale delle così dette Colline metallifere, ricche di importanti risorse naturali (cereali, boschi, miniere) senza le quali la “grande città contadina” di Volterra non avrebbe potuto prosperare né tener alta la bandiera della propria orgogliosa autonomia.
Ecco la descrizione del percorso: lasciata la “strade dei vescovi-conti” per Volterra, il paesaggio è subito cambiato rispetto a quello delle tappe scorse: gli insediamenti umani si sono fatti più radi, i boschi si sono infittiti: l'immaginazione ha spostato l'orologio della storia al medioevo, alla (seconda, dopo quella etrusca) epoca d'oro in cui la città-stato di Volterra qui aveva il suo “limes”, giù giù nel tempo fino all'epoca etrusca e ancora più in là, fino a far riaffiorare dal ventre della terra le ancestrali forze della natura. Compagni di avventura, oltre alle già citate miniere di Caporciano, sono stati i ruderi dei mulini a vento di Orciatico (del XVII- XVIII secolo) e il borgo fortificato di Montecatini e, in lontananza, la fiabesca Rocca di Pietracassa, posta da secoli a guardia della via maremmana della valle della Sterza, svettante da un enorme masso di alberese immerso in un mare verde di boschi.
Usciti da Lajatico il cammino avrebbe potuto puntare direttamente su Volterra, ma facendo così il pellegrino sarebbe giunto alla “più etrusca”, la più antica di tutte le città etrusche (secondo miti antichi, accettati anche dal padre dell'etruscologia, l'italo-scozzese Thomas Dempster, vissuto nel XVII secolo, di cui abbiam già avuto modo di parlare nel resoconto della tappa n. 1), senza aver compreso l'importanza del contesto contadino di Volterra ed in particolare della catena di alte colline che durante le precedenti tappe i “pellegrini d'Etruria” avevano più volte notato per le loro vette più alte (sopra i 600 m s.l.m.).
Le miniere di rame di Caporciano (conosciute dagli etruschi, sfruttate già nel XV secolo) tra 1827 e 1912 vissero il loro momento più glorioso, dando vita alla Società Montecatini, divenuta poi Montedison, uno dei nomi più conosciuti (nel bene e nel male) della storia industriale italiana. Il gruppo di “pellegrini” bolognesi e marchigiani hanno apprezzato molto la visita – organizzata dall'Amministrazione Comunale – all'interessante complesso sistema estrattivo (oggi in buona parte musealizzato e visitabile) che tra le altre cose include la monumentale diga, l'ampio reticolo di gallerie e la torre del Pozzo Alfredo (con il montacarichi originale). Un luogo speciale dove, non a caso, Ermanno Olmi girò la scena della nascita di Gesù per il film “Cammina camina”.
La tappa si è degnamente conclusa a Montecatini, un bellissimo borgo in pietra arenaria grigia (di provenienza locale) dalla cui sommità si dominano superbi panorami (particolarmente apprezzato quello dal Vecchio cimitero) sulle valli dell'Era e della Cècina. Il paese conserva ancora intatta la sua identità tardo-medievale (opera soprattutto del clan familiare volterrano dei Belforti che qui aveva il suo caposaldo politico ed economico), grazie alla bella cinta muraria (con due torricelle perimetrali e le porte), la Torre dei Belforti (iniziata nell'XI secolo) e Piazza Giuseppe Garibaldi, il “cuore del paese antico” sul quale si affacciano due importanti edifici trecenteschi: la chiesa di San Biagio (pieve dal 1467 che ospita - tra le varie opere - la statua della “Madonna di Caporciano", che la leggenda narra essere stata rinvenuta da un contadino in un campo della zona) e il Palazzo dei Priori (oggi sede del Centro di Documentazione del Museo delle Miniere).
Percorso di 21,4 km che da Lajatico ha portato i primi “pellegrini d'Etruria” a Montecatini Val di Cecina passando da Orciatico attraverso paesaggi primordiali di boschi, torrenti, rocche medievali e borghi da fiaba e le miniere di rame abbandonate (ma in parte visitabili) di Caporciano già sfruttate in epoca etrusco-romana e che nell'800 erano le più importanti d'Europa (foto di Pierluigi Stagi e Damiana Fiorini). Molto apprezzata è stata in particolare l'accoglienza ricevuta dall'Amministrazione Comunale che - per il tramite dell'infaticabile consigliere comunale con delega al turismo Luca Bollea, grande amico del progetto “Cammino d'Etruria” - ha reso possibile la visita delle miniere di Caporciano.
Grande soddisfazione quindi dei primi “pellegrini d'Etruria” per una tappa all'insegna delle forze «ctonie» (infere), in preparazione dell'«epifania» (la visione) di Volterra, “la più etrusca” tra tutte le antiche città-stato etrusche. Lungo il percorso, antiche storie di un ricco folklore hanno dilettato i camminanti, aiutandoli a (ri)scoprire l'identità più profonda del contado volterrano in questa estrema propaggine settentrionale delle così dette Colline metallifere, ricche di importanti risorse naturali (cereali, boschi, miniere) senza le quali la “grande città contadina” di Volterra non avrebbe potuto prosperare né tener alta la bandiera della propria orgogliosa autonomia.
Ecco la descrizione del percorso: lasciata la “strade dei vescovi-conti” per Volterra, il paesaggio è subito cambiato rispetto a quello delle tappe scorse: gli insediamenti umani si sono fatti più radi, i boschi si sono infittiti: l'immaginazione ha spostato l'orologio della storia al medioevo, alla (seconda, dopo quella etrusca) epoca d'oro in cui la città-stato di Volterra qui aveva il suo “limes”, giù giù nel tempo fino all'epoca etrusca e ancora più in là, fino a far riaffiorare dal ventre della terra le ancestrali forze della natura. Compagni di avventura, oltre alle già citate miniere di Caporciano, sono stati i ruderi dei mulini a vento di Orciatico (del XVII- XVIII secolo) e il borgo fortificato di Montecatini e, in lontananza, la fiabesca Rocca di Pietracassa, posta da secoli a guardia della via maremmana della valle della Sterza, svettante da un enorme masso di alberese immerso in un mare verde di boschi.
Usciti da Lajatico il cammino avrebbe potuto puntare direttamente su Volterra, ma facendo così il pellegrino sarebbe giunto alla “più etrusca”, la più antica di tutte le città etrusche (secondo miti antichi, accettati anche dal padre dell'etruscologia, l'italo-scozzese Thomas Dempster, vissuto nel XVII secolo, di cui abbiam già avuto modo di parlare nel resoconto della tappa n. 1), senza aver compreso l'importanza del contesto contadino di Volterra ed in particolare della catena di alte colline che durante le precedenti tappe i “pellegrini d'Etruria” avevano più volte notato per le loro vette più alte (sopra i 600 m s.l.m.).
La tappa, quindi, ha permesso di conoscere meglio, sia nelle loro caratteristiche geomorfologiche (che ne fanno un'area di estrema naturalità e bellezza paesaggistica) che culturali (folklore compreso), questi “monti” che sono parte a tutti gli effetti delle Colline metallifere. Il percorso, dopo una sosta alle Vecchie fonti di Lajatico e al Teatro del Silenzio, ha puntato su Orciatico (sede anche di un importante osservatorio astronomico): un antico borgo fortificato entrato nel 1185 nei possedimenti dei Pannocchieschi e dove si ammirano una casa torre medievale e la parrocchiale di San Michele.
Da qui, nei progetti del “Cammino d'Etruria”, si spera possa un giorno partire una deviazione che il Comune di Lajatico vorrebbe a breve realizzare per offrire al viandante la possibilità – tenendosi ai margini della Tenuta di Miemo, un'azienda faunistico venatoria nata nel 1959 in quelli che un tempo erano i boschi che producevano il legno necessario ad alimentare le caldaie di evaporazione delle vicine saline di Volterra e che oggi ospitano importanti popolazioni di mufloni, caprioli, cervi, cinghiali, starne, pernici e fagiani) - di portarsi ad una serie di interessanti luoghi: lo Sbalzo, le Putizze (emissioni fredde di origine vulcaniche di idrogeno solforato e anidride carbonica), la così detta “Impronta della Madonna” e la Rocca di Pietracassia (iniziata nell'XI secolo per permettere a Volterra, ai suoi vescovi e poi al Comune, di controllare la via maremmana della Sterza).
Le miniere di rame di Caporciano (conosciute dagli etruschi, sfruttate già nel XV secolo) tra 1827 e 1912 vissero il loro momento più glorioso, dando vita alla Società Montecatini, divenuta poi Montedison, uno dei nomi più conosciuti (nel bene e nel male) della storia industriale italiana. Il gruppo di “pellegrini” bolognesi e marchigiani hanno apprezzato molto la visita – organizzata dall'Amministrazione Comunale – all'interessante complesso sistema estrattivo (oggi in buona parte musealizzato e visitabile) che tra le altre cose include la monumentale diga, l'ampio reticolo di gallerie e la torre del Pozzo Alfredo (con il montacarichi originale). Un luogo speciale dove, non a caso, Ermanno Olmi girò la scena della nascita di Gesù per il film “Cammina camina”.
La tappa si è degnamente conclusa a Montecatini, un bellissimo borgo in pietra arenaria grigia (di provenienza locale) dalla cui sommità si dominano superbi panorami (particolarmente apprezzato quello dal Vecchio cimitero) sulle valli dell'Era e della Cècina. Il paese conserva ancora intatta la sua identità tardo-medievale (opera soprattutto del clan familiare volterrano dei Belforti che qui aveva il suo caposaldo politico ed economico), grazie alla bella cinta muraria (con due torricelle perimetrali e le porte), la Torre dei Belforti (iniziata nell'XI secolo) e Piazza Giuseppe Garibaldi, il “cuore del paese antico” sul quale si affacciano due importanti edifici trecenteschi: la chiesa di San Biagio (pieve dal 1467 che ospita - tra le varie opere - la statua della “Madonna di Caporciano", che la leggenda narra essere stata rinvenuta da un contadino in un campo della zona) e il Palazzo dei Priori (oggi sede del Centro di Documentazione del Museo delle Miniere).
Piazza della Repubblica che - con il suo bel (antiretorico) monumento ai caduti, la sua loggia-terrazza e la sua monumentale fontana (realizzata nel 1893 con il contributo dei principi Corsini), entrambe in stile toscano – ha ricordato al gruppo CAI Bologna e Pesaro la ricchezza che ebbe il paese ai tempi in cui era attiva la più grande miniera di rame d'Europa (allora nel paese vi erano due teatri e due bande musicali). Per oggi è tutto, a domani per il resoconto dell'ultima tappa, la n. 7, che porterà i pellegrini del “Cammino d'Etruria da Pisa a Volterra” alla tanto agognata meta finale: Volterra.
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