Tappa 7 - Da Montecatini a Volterra alla scoperta della “più etrusca” delle città d’Etruria
Tappa n. 7: Da Montecatini a Volterra alla scoperta della “più etrusca” delle città d’Etruria
Inedito itinerario che, dopo aver percorso il suggestivo sentiero delle crete del “Campo romano” che scende giù da Montecatini, vi porterà alla scoperta dei luoghi più belli della Volterra etrusco-romana
Usciti da Montecatini, il paesaggio cambia ancora: a orizzonti continui, creati dai seminativi estensivi, si alternano ampie aree di «indole e struttura geognostica […] complicata e sconvolta» (per dirla con le parole tratte dai Viaggi fatti in diverse parti della Toscana per osservare le produzioni naturali e gli antichi monumenti di essa del grande studioso toscano Giovanni Targioni-Tozzetti che passò da queste parti nel 1742). Il cammino ci conduce al “Campo Romano”, che la tradizione tende a collega con un lungo assedio che Roma pose alla città all’inizio del III sec. a.C., quando Volterra (alla guida - secondo Tito Livio - della resistenza delle ultime città-stato libere dell’Etruria del Nord) cercò di ottenere (con successo) un dignitoso ingresso nel consesso degli stati federati romani.
L’itinerario urbano, che segue in buona parte quella che in antico era la più grande cinta muraria d’Etruria (7,5 km di lunghezza), include le più importanti evidenze che Volterra conserva, sia di epoca etrusca che di epoca più recente. Tra queste, oltre alle spettacolari mura e alla famosa Porta all’arco, il cammino tocca la Chiesa di Sant’Alessandro, l’acropoli (con cisterna romana e parco pubblico), la fortezza medicea, la Pinacoteca e il Museo Diocesano, la Chiesa di San Michele, il teatro romano, la Porta Diana, l’anfiteatro romano, la necropoli etrusca del Portone (località Marmini), la valle del Fosso delle grotte, la Badia camaldolese, Le Balze, la Chiesa di San Giusto, il Museo Consortini, Porta S. Francesco, le Fonti di San Felice, il complesso Piazza e Palazzo dei priori-Duomo-Battistero-Episcopio e, naturalmente, il Museo Etrusco Guarnacci, tra i più importanti al mondo, in cui una grandiosa collezione di urne e sarcofagi etruschi istoriati vi darà la chiave di accesso alla storia e all’identità più intima della raffinata e complessa civiltà dei popoli contadini d’Etruria.
Km: 14,35; Dislivello: ca.mt.600 (Anello in città: Km 5,5)
Inedito itinerario che, dopo aver percorso il suggestivo sentiero delle crete del “Campo romano” che scende giù da Montecatini, vi porterà alla scoperta dei luoghi più belli della Volterra etrusco-romana
Usciti da Montecatini, il paesaggio cambia ancora: a orizzonti continui, creati dai seminativi estensivi, si alternano ampie aree di «indole e struttura geognostica […] complicata e sconvolta» (per dirla con le parole tratte dai Viaggi fatti in diverse parti della Toscana per osservare le produzioni naturali e gli antichi monumenti di essa del grande studioso toscano Giovanni Targioni-Tozzetti che passò da queste parti nel 1742). Il cammino ci conduce al “Campo Romano”, che la tradizione tende a collega con un lungo assedio che Roma pose alla città all’inizio del III sec. a.C., quando Volterra (alla guida - secondo Tito Livio - della resistenza delle ultime città-stato libere dell’Etruria del Nord) cercò di ottenere (con successo) un dignitoso ingresso nel consesso degli stati federati romani.
L’itinerario urbano, che segue in buona parte quella che in antico era la più grande cinta muraria d’Etruria (7,5 km di lunghezza), include le più importanti evidenze che Volterra conserva, sia di epoca etrusca che di epoca più recente. Tra queste, oltre alle spettacolari mura e alla famosa Porta all’arco, il cammino tocca la Chiesa di Sant’Alessandro, l’acropoli (con cisterna romana e parco pubblico), la fortezza medicea, la Pinacoteca e il Museo Diocesano, la Chiesa di San Michele, il teatro romano, la Porta Diana, l’anfiteatro romano, la necropoli etrusca del Portone (località Marmini), la valle del Fosso delle grotte, la Badia camaldolese, Le Balze, la Chiesa di San Giusto, il Museo Consortini, Porta S. Francesco, le Fonti di San Felice, il complesso Piazza e Palazzo dei priori-Duomo-Battistero-Episcopio e, naturalmente, il Museo Etrusco Guarnacci, tra i più importanti al mondo, in cui una grandiosa collezione di urne e sarcofagi etruschi istoriati vi darà la chiave di accesso alla storia e all’identità più intima della raffinata e complessa civiltà dei popoli contadini d’Etruria.
Km: 14,35; Dislivello: ca.mt.600 (Anello in città: Km 5,5)
Mappa della tappa n. 7:
Seguendo l’orientamento suggeritoci dal sole (che sorgerà dalla parte di Volterra), il camminante esce da Montecatini (magari dopo aver fatto qualche buon acquisto di prodotti locali quali, per esempio, il miele di lupinella selvatica di cui parlò tanto bene il Targioni Tozzetti nel XVIII secolo) lungo un antico selciato. Si ritroverà quindi tra «nude colline di creta», in cui domina «il mattajone» (la cui «magrezza» l’opera di «marnatura» di laboriose generazioni di contadini ha mitigato). Giunto al “Campo romano”, potrà meditare su quante volte Volterra e il suo contado hanno dovuto combattere per la libertà propria e degli altri popoli d’Etruria. Una lotta resa difficile nel medioevo dall’espansionismo delle città vicine di Siena, Pisa e Firenze. Una lotta che ebbe epiloghi anche drammatici (si pensi al selvaggio saccheggio perpetrato dei mercenari di Federico da Montefeltro alla caduta dello stato comunale volterrano, il 18 giugno 1472) ma che fu non di rado coronata dal successo, anche grazie al contributo popolare e alle capacità diplomatiche di una classe dirigente cittadina di alto profilo, celebrata per le sue doti di buon governo, di tolleranza (qui, per esempio, gli ebrei avevano diritto di cittadinanza e potevano anche comprare terreni e l’inquisizione romana fece vita grama) e sostegno all’istruzione (a Volterra studiarono l’umanista Cristoforo Landino e Marsilio Ficino, il più originale filosofo del Rinascimento toscano). Tra i più grandi politici volterrani si ricordino almeno il vescovo Ildebrando Pannocchieschi (protettore delle libertà comunali in patria e promotore della lega pan-toscana di San Genesio del 1197) e Pompeo Neri (il grande artefice delle riforme di (Pietro) Leopoldo di Toscana e padre del catasto introdotto da Maria Teresa in Lombardia).
L’ingresso in Volterra avviene - passando prima davanti alla Chiesa di Sant’Alessandro - attraverso la Porta all’Arco, vegliata dalle tre «strane, oscure, antiche teste etrusche» che «seppur prive dei loro originari lineamenti» «emanano tutt’intorno una forte intrinseca vitalità» - per dirla con le parole dello scrittore inglese David Herbert Lawrence, grande amante dell’Italia, traduttore di Verga, grande critico della moderna società omologatrice, noto soprattutto per il suo romanzo L’amante di Lady Chatterly (1928) – qui di passaggio nel 1927. Poi sarete in balìa di una rapsodia continua di strade, palazzi e piazze, monumenti e luoghi di grande suggestione che fanno di Volterra una città «viva e segreta, presente e lontana, fatta di pietre e respiri», in cui «un arcano trascorrere di forme», un «paesaggio d’ombre» offrono al visitatore «qualcosa di inafferrabile» che «perdura» ed in cui ognuno di noi ha la possibilità di ritrovare «un po’ della nostra nascita» (per dirla con le parole del grande scrittore argentino Jorge Luis Borges giunto in città nel 1985 per ritirare il “Premio Etruria”).
Il percorso suggerito dal Cammino d’Etruria include, oltre al perimetro murario, tutta una serie di monumenti, musei, spazi e panorami di interesse archeologico, senza però tralasciare quanto la città offre di bello e interessante anche in ciò che non è strettamente legato alla sua storia più antica. Tra i punti focali del percorso c’è l’altura dell’acropoli, il luogo dove nacque la prima città, quando - nell’età del ferro (VIII sec. a.C.) – vi furono eretti due templi monumentali per iniziativa di vari villaggi sparsi nel contado che volevano in tal maniera sigillare la loro alleanza politica ed economica. Sull’acropoli si trovano i resti di una cisterna romana del I secolo d.C. (utilizzata nel 1965 da Luchino Visconti per girare alcune scene di “Vaghe Stelle dell’Orsa”, con Claudia Cardinale e Jean Sorel) e un bel parco verde intitolato allo studioso volterrano Enrico Fiumi, profetico pioniere della conservazione e valorizzazione dei beni culturali e ambientali. Si ricordi a tal proposito che fu lui a scoprire il teatro romano d’età imperiale in Vallebona, la cui esistenza Fiumi aveva già ipotizzato nel 1941 ma che riuscì a far scavare (complice la resistenza di buona parte della comunità scientifica di allora) solo nel 1950, aiutato da un gruppo di valenti ricoverati del locale ospedale psichiatrico (allora la più importante realtà lavorativa della città, aperta nel 1887 e chiusa nel 1979, che ancora nel 1970 contava 2000 degenti e 700 addetti).
Altro luogo di riferimento è il Museo Guarnacci che, con la sua straordinaria collezione di urne etrusche dalla impressionante varietà di storie scolpite (tra i temi raffigurati assai frequente c’è anche quello del cammino), ci permette di ricostruire la visione del mondo che avevano gli antichi popoli d’Etruria. Una visione che Lawrence (la cui scrittura è grandemente intrisa di cultura etrusca), proprio studiando le urne dell’Etruria del Nord, giudicò anti-classica e anticipatrice addirittura della civiltà cristiana e della sua arte «barbarica», gotica («il cristianesimo nasce più che in terra greco-romana, in terra d’Etruria»).
Il cuore della città oggi è la magnifica medievale Piazza dei Priori (qui trovate anche l’Ufficio Turistico) con l’annesso complesso Palazzo dei priori-Duomo-Battistero-Episcopio: un gioiello di arte, storia e cultura che consigliamo di visitare con cura e senza fretta. Il Duomo è uno scrigno di capolavori di ogni epoca (particolarmente suggestive le tele degli altari laterali, opera di artisti toscani e del fiammingo Pieter de Witte), il battistero è uno degli edifici più belli di Toscana, il Palazzo dei Priori (reso familiare anche da tanti film qui girati, anche di recente) è un monumento straordinario: qui potrete comprendere a pieno lo spirito che animò la libera città-stato di Volterra.
Di grande interesse sono anche i due maggiori musei d’arte della città: la Pinacoteca e Museo Civico (dove è possibile trovare la Deposizione del Rosso Fiorentino, capolavori del Trecento e del Rinascimento, oltre ad una interessantissima sezione dedicata alla storia della lavorazione dell’alabastro) e il Museo Diocesano (con opere di Rosso Fiorentino, Antonio del Pollaiolo, Daniele da Volterra e importanti pezzi di pittura e scultura medievale).
Passando dalle chiese di Sant’Antonio e San Michele (nel cui collegio scolopio nel 1841 padre Eugenio Barsanti ideò il primo motore a scoppio, a idrogeno), il Cammino vi porterà al teatro romano di Vallebona (dono alla città dei Caecina, potente clan familiare volterrano da tempo trapiantato a Roma), all’etrusca Porta Diana, all’enorme anfiteatro romano (in corso di scavo e definito da Discovery News uno dei dieci siti archeologici più promettenti al mondo) e quindi alla necropoli del Portone, località Marmini (periodo ellenistico, scoperta nel XVIII secolo). Da qui si può, con ulteriore bella camminata nella valle del Fosso delle grotte, raggiungere gli scenografici resti della Badia camaldolese, nei pressi delle Balze. Il rientro in città avviene dal sobborgo di San Giusto (con Museo Consortini) e attraversando Porta S. Francesco, direzione Fonti di San Felice.
Per collegare tutti questi “luoghi della cultura”, il Cammino d’Etruria seguirà il più possibile il perimetro delle antiche mura etrusche, vero e proprio capolavoro ingegneristico e monumento-simbolo della plurimillenaria lotta dei Volterrani per la libertà d’Etruria (fu da qui che nel maggio 1530 la città respinse, agli ordini di Francesco Ferrucci, gli attacchi delle truppe guidate dal famigerato Fabrizio Maramaldo, inviate dall’imperatore Carlo V e da mezza Europa per abbattere l’eroica repubblica fiorentina savonarolianamente intestata a Cristo Re così da (ri)mettere a capo della Toscana i fidi Medici). L’augurio è che lungo le mura il viandante possa ripetere l’esperienza avuta nel 1927 da Lawrence: «di tanto in tanto, ritornando verso la città, noi ci avviciniamo all’orlo delle mura per contemplare il meraviglioso tramonto del sole tutto d’oro; i ripidi dirupi che s’incupiscono nella notte e la lontana vallata silenziosa di un colore verdastro, le cui colline respirando dolcemente irradiano una luce che va a confondersi con la luce del mare in lontananza, su cui un’ombra, forse un’isola, si sposta come un atomo di vita, e le montagne di Carrara, potenti guardiane, si profilano sotto la luce con le loro imponenti vette. Si direbbe che esse avanzino sopra di noi, mentre il vasto emisfero occidentale sembra tutto fiammeggiante d’oro, come se, essendo giunta l’ultima ora, gli Dei ci introducessero nuovamente nell’universale armonia trasformata».
Seguendo l’orientamento suggeritoci dal sole (che sorgerà dalla parte di Volterra), il camminante esce da Montecatini (magari dopo aver fatto qualche buon acquisto di prodotti locali quali, per esempio, il miele di lupinella selvatica di cui parlò tanto bene il Targioni Tozzetti nel XVIII secolo) lungo un antico selciato. Si ritroverà quindi tra «nude colline di creta», in cui domina «il mattajone» (la cui «magrezza» l’opera di «marnatura» di laboriose generazioni di contadini ha mitigato). Giunto al “Campo romano”, potrà meditare su quante volte Volterra e il suo contado hanno dovuto combattere per la libertà propria e degli altri popoli d’Etruria. Una lotta resa difficile nel medioevo dall’espansionismo delle città vicine di Siena, Pisa e Firenze. Una lotta che ebbe epiloghi anche drammatici (si pensi al selvaggio saccheggio perpetrato dei mercenari di Federico da Montefeltro alla caduta dello stato comunale volterrano, il 18 giugno 1472) ma che fu non di rado coronata dal successo, anche grazie al contributo popolare e alle capacità diplomatiche di una classe dirigente cittadina di alto profilo, celebrata per le sue doti di buon governo, di tolleranza (qui, per esempio, gli ebrei avevano diritto di cittadinanza e potevano anche comprare terreni e l’inquisizione romana fece vita grama) e sostegno all’istruzione (a Volterra studiarono l’umanista Cristoforo Landino e Marsilio Ficino, il più originale filosofo del Rinascimento toscano). Tra i più grandi politici volterrani si ricordino almeno il vescovo Ildebrando Pannocchieschi (protettore delle libertà comunali in patria e promotore della lega pan-toscana di San Genesio del 1197) e Pompeo Neri (il grande artefice delle riforme di (Pietro) Leopoldo di Toscana e padre del catasto introdotto da Maria Teresa in Lombardia).
L’ingresso in Volterra avviene - passando prima davanti alla Chiesa di Sant’Alessandro - attraverso la Porta all’Arco, vegliata dalle tre «strane, oscure, antiche teste etrusche» che «seppur prive dei loro originari lineamenti» «emanano tutt’intorno una forte intrinseca vitalità» - per dirla con le parole dello scrittore inglese David Herbert Lawrence, grande amante dell’Italia, traduttore di Verga, grande critico della moderna società omologatrice, noto soprattutto per il suo romanzo L’amante di Lady Chatterly (1928) – qui di passaggio nel 1927. Poi sarete in balìa di una rapsodia continua di strade, palazzi e piazze, monumenti e luoghi di grande suggestione che fanno di Volterra una città «viva e segreta, presente e lontana, fatta di pietre e respiri», in cui «un arcano trascorrere di forme», un «paesaggio d’ombre» offrono al visitatore «qualcosa di inafferrabile» che «perdura» ed in cui ognuno di noi ha la possibilità di ritrovare «un po’ della nostra nascita» (per dirla con le parole del grande scrittore argentino Jorge Luis Borges giunto in città nel 1985 per ritirare il “Premio Etruria”).
Il percorso suggerito dal Cammino d’Etruria include, oltre al perimetro murario, tutta una serie di monumenti, musei, spazi e panorami di interesse archeologico, senza però tralasciare quanto la città offre di bello e interessante anche in ciò che non è strettamente legato alla sua storia più antica. Tra i punti focali del percorso c’è l’altura dell’acropoli, il luogo dove nacque la prima città, quando - nell’età del ferro (VIII sec. a.C.) – vi furono eretti due templi monumentali per iniziativa di vari villaggi sparsi nel contado che volevano in tal maniera sigillare la loro alleanza politica ed economica. Sull’acropoli si trovano i resti di una cisterna romana del I secolo d.C. (utilizzata nel 1965 da Luchino Visconti per girare alcune scene di “Vaghe Stelle dell’Orsa”, con Claudia Cardinale e Jean Sorel) e un bel parco verde intitolato allo studioso volterrano Enrico Fiumi, profetico pioniere della conservazione e valorizzazione dei beni culturali e ambientali. Si ricordi a tal proposito che fu lui a scoprire il teatro romano d’età imperiale in Vallebona, la cui esistenza Fiumi aveva già ipotizzato nel 1941 ma che riuscì a far scavare (complice la resistenza di buona parte della comunità scientifica di allora) solo nel 1950, aiutato da un gruppo di valenti ricoverati del locale ospedale psichiatrico (allora la più importante realtà lavorativa della città, aperta nel 1887 e chiusa nel 1979, che ancora nel 1970 contava 2000 degenti e 700 addetti).
Altro luogo di riferimento è il Museo Guarnacci che, con la sua straordinaria collezione di urne etrusche dalla impressionante varietà di storie scolpite (tra i temi raffigurati assai frequente c’è anche quello del cammino), ci permette di ricostruire la visione del mondo che avevano gli antichi popoli d’Etruria. Una visione che Lawrence (la cui scrittura è grandemente intrisa di cultura etrusca), proprio studiando le urne dell’Etruria del Nord, giudicò anti-classica e anticipatrice addirittura della civiltà cristiana e della sua arte «barbarica», gotica («il cristianesimo nasce più che in terra greco-romana, in terra d’Etruria»).
Il cuore della città oggi è la magnifica medievale Piazza dei Priori (qui trovate anche l’Ufficio Turistico) con l’annesso complesso Palazzo dei priori-Duomo-Battistero-Episcopio: un gioiello di arte, storia e cultura che consigliamo di visitare con cura e senza fretta. Il Duomo è uno scrigno di capolavori di ogni epoca (particolarmente suggestive le tele degli altari laterali, opera di artisti toscani e del fiammingo Pieter de Witte), il battistero è uno degli edifici più belli di Toscana, il Palazzo dei Priori (reso familiare anche da tanti film qui girati, anche di recente) è un monumento straordinario: qui potrete comprendere a pieno lo spirito che animò la libera città-stato di Volterra.
Di grande interesse sono anche i due maggiori musei d’arte della città: la Pinacoteca e Museo Civico (dove è possibile trovare la Deposizione del Rosso Fiorentino, capolavori del Trecento e del Rinascimento, oltre ad una interessantissima sezione dedicata alla storia della lavorazione dell’alabastro) e il Museo Diocesano (con opere di Rosso Fiorentino, Antonio del Pollaiolo, Daniele da Volterra e importanti pezzi di pittura e scultura medievale).
Passando dalle chiese di Sant’Antonio e San Michele (nel cui collegio scolopio nel 1841 padre Eugenio Barsanti ideò il primo motore a scoppio, a idrogeno), il Cammino vi porterà al teatro romano di Vallebona (dono alla città dei Caecina, potente clan familiare volterrano da tempo trapiantato a Roma), all’etrusca Porta Diana, all’enorme anfiteatro romano (in corso di scavo e definito da Discovery News uno dei dieci siti archeologici più promettenti al mondo) e quindi alla necropoli del Portone, località Marmini (periodo ellenistico, scoperta nel XVIII secolo). Da qui si può, con ulteriore bella camminata nella valle del Fosso delle grotte, raggiungere gli scenografici resti della Badia camaldolese, nei pressi delle Balze. Il rientro in città avviene dal sobborgo di San Giusto (con Museo Consortini) e attraversando Porta S. Francesco, direzione Fonti di San Felice.
Per collegare tutti questi “luoghi della cultura”, il Cammino d’Etruria seguirà il più possibile il perimetro delle antiche mura etrusche, vero e proprio capolavoro ingegneristico e monumento-simbolo della plurimillenaria lotta dei Volterrani per la libertà d’Etruria (fu da qui che nel maggio 1530 la città respinse, agli ordini di Francesco Ferrucci, gli attacchi delle truppe guidate dal famigerato Fabrizio Maramaldo, inviate dall’imperatore Carlo V e da mezza Europa per abbattere l’eroica repubblica fiorentina savonarolianamente intestata a Cristo Re così da (ri)mettere a capo della Toscana i fidi Medici). L’augurio è che lungo le mura il viandante possa ripetere l’esperienza avuta nel 1927 da Lawrence: «di tanto in tanto, ritornando verso la città, noi ci avviciniamo all’orlo delle mura per contemplare il meraviglioso tramonto del sole tutto d’oro; i ripidi dirupi che s’incupiscono nella notte e la lontana vallata silenziosa di un colore verdastro, le cui colline respirando dolcemente irradiano una luce che va a confondersi con la luce del mare in lontananza, su cui un’ombra, forse un’isola, si sposta come un atomo di vita, e le montagne di Carrara, potenti guardiane, si profilano sotto la luce con le loro imponenti vette. Si direbbe che esse avanzino sopra di noi, mentre il vasto emisfero occidentale sembra tutto fiammeggiante d’oro, come se, essendo giunta l’ultima ora, gli Dei ci introducessero nuovamente nell’universale armonia trasformata».
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