Venerdì 22 aprile - Tappa 2 - da Coltano a Collesalvetti
(tempo di lettura 9 min.)
Gruppo CAI Bologna e Pesaro in viaggio sul Cammino d'Etruria da Pisa a Volterra.
Tappa n. 2 tra i “Paesi Bassi” di Toscana e le prime dolci colline della Val di Tora. Protagonista: l'acqua, elemento già dominante nel “collettore idrico di Toscana”, ma che ha voluto accompagnare anche dal cielo il bel gruppo che non ne ha certo risentito in termini di capacità di godersi il cammino.
Non sono mancati momenti conviviali con i “locali”, grazie alla Pro Loco di Vicarello (in particolare al presidente Fabrizio Roncari), che ha aperto le porte di un'azienda agricola didattica di Mortaiolo, al CAI di Livorno (che - con il consigliere Stefano Dal Canto e una trentina di soci – ha accompagnato il gruppo da Nugola a Collesalvetti) e alla Pro Loco di Nugola, che ha garantito l'apertura della bella chiesa dei Santi Cosimo e Damiano. Momento particolarmente simbolico è stata la cerimonia di firma delle credenziali da parte del sindaco di Collesalvetti Adelio Antolini, alla presenza del consigliere regionale di zona Francesco Gazzetti (https://www.facebook.com/francesco.gazzetti.1), e dei soci CAI di Livorno, nei pressi di La Badia (sede nel medioevo della potente abbazia benedettina dei Santi XII Apostoli – intitolatura assai rara in Occidente ma alquanto diffusa in Oriente - dipendente da una casa madre di Provenza e chiesa-madre delle successive filiazioni di Nugola e Collesalvetti).
Appena uscito da Coltano, passando davanti alla stazione radiotelegrafica intercontinentale (la prima in Italia e una delle primissime al mondo, realizzata tra 1902 e 1906 su iniziativa del premio Nobel Guglielmo Marconi), il gruppo CAI di Bologna e Pesaro ha subito apprezzato il paesaggio, ormai familiare dal giorno prima, creato a partire dal XVI secolo su progetto degli ingegneri toscani (e spesso fiamminghi) al servizio del governo toscano di Medici e Lorena-Asburgo e completato con le ultime bonifiche fatte negli anni '30 del ‘900 dall'Opera ex-combattenti della Prima guerra mondiale.
Attraversando tutti questi fossi e canali che formano uno dei più importanti e complessi sistemi collettori idrici di Toscana, la mente andava alla storia di questa parte di Toscana in cui, tra il mare e i laghi di Bientina e Fucecchio, l'acqua è sempre stata elemento dominante, anche se non sempre egemone. A qualcuno è sembrato quasi di sentire il vociare laborioso di generazioni di contadini (e contadine) che con il loro sudore ebbero a scavare i canali, bonificare laghi e lagune, per coltivare (come oggi) questa ubertosa parte di Toscana. Accompagnati da simili pensieri il gruppo ha capito meglio anche come le Pisae (leggi “pise”) - luogo di incontro idrografico di tutta la Toscana - poterono assurgere (come avvenuto per Venezia e la sua laguna rispetto al Veneto) allo status di (de facto) «Tusciae provinciae caput», come si sarebbe detto ai tempi di Matilde di Toscana. Uno status che Pisa perse proprio quando non riuscì più (a differenza di Firenze e Lucca) a gestire a proprio favore il rapporto con il contado - in questo ostacolata da una mutata congiuntura internazionale, in cui l'importanza dell'acqua (e dei commerci marittimi) scemò a vantaggio della terra, che nell'Italia del secondo Rinascimento divenne la primaria fonte di ricchezza, causando una generale feudalizzazione della società (e un più efficace sfruttamento dei contadini). Considerazioni appropriate per ben preparare l'ingresso nel più tipico paesaggio contadino toscano.
La seconda parte della giornata, infatti, ha visto il gruppo di bolognesi e marchigiani salire sulle prime propaggini più settentrionali del “Montenero”, detto comunemente “Monti livornesi”. Guidati da una serie di tipiche case contadine dette “leopolde” (dai nomi tipici della dinastia danubiana: S. Leopoldo, S. Ferdinando, S. Costantino imperatore) di quelle che un tempo erano i “poderi” della Real Fattoria di Nugola-Collesalvetti (oggi proprietà Frescobaldi - visitabile, prenotando, l'annesso punto di vendita di eccellenze eno-gastronomiche), da filari di viti a perdita d'occhio, da bei filari di cipressi (l'albero-bandiera dell'identità toscana), i viandanti sono giunti a Nugola, incastonata in una bella macchia d'alto fusto (cerri, roveri, castagni, pini marittimi), dove inizia quell'angolo di Toscana contadina che, tra oliveti (che qui si chiamano chiudende), vigneti e alberi da frutto, nell'800 l'ultimo regnante di Toscana descrisse come “la parte più bella di Toscana”. Già di pertinenza dell'Ospedale di San Leonardo di Stagno e della già rammentata abbazia benedettina dei Santi XII Apostoli di Badia, Nugola fu trasformata in fattoria granducale quando fu donata a Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo il Grande (da qui l'intitolazione della parrocchiale ai Santi Cosimo e Damiano).
Gruppo CAI Bologna e Pesaro in viaggio sul Cammino d'Etruria da Pisa a Volterra.
Tappa n. 2 tra i “Paesi Bassi” di Toscana e le prime dolci colline della Val di Tora. Protagonista: l'acqua, elemento già dominante nel “collettore idrico di Toscana”, ma che ha voluto accompagnare anche dal cielo il bel gruppo che non ne ha certo risentito in termini di capacità di godersi il cammino.
Salutati gli amici della Pro Loco Coltano (in particolare il presidente Rosario Stefanucci detto “Gino”) e la loro spontanea e calda ospitalità, fatto un ultimo saluto alla Villa Medicea di Coltano, ai suoi gioielli di storia e arte, alle ricchissime e interessantissime collezioni museali (collezioni legate a Guglielmo Marconi e alla storia delle telecomunicazioni, alla bonifica portata avanti per secoli, ai reperti di epoca preistorica, etrusca e etrusco-romana che documentano la vita sulle isole lagunari del delta dell'Arno), ricchi di informazioni per saper leggere il paesaggio, il gruppo si è incamminato sul tracciato della tappa n. 2 che offre attraverso paesaggi sempre nuovi, tra pianure e colline ben coltivate, labirinti di canali, fiumi e fossi, un viaggio all'insegna della forza primigenia delle acque e della poesia (leopardiana) di borghi e vallate, arricchite da mille storie di principesse, monaci benedettini e anche un vescovo greco-rumeno in fuga dai servizi segreti ottomani.
Non sono mancati momenti conviviali con i “locali”, grazie alla Pro Loco di Vicarello (in particolare al presidente Fabrizio Roncari), che ha aperto le porte di un'azienda agricola didattica di Mortaiolo, al CAI di Livorno (che - con il consigliere Stefano Dal Canto e una trentina di soci – ha accompagnato il gruppo da Nugola a Collesalvetti) e alla Pro Loco di Nugola, che ha garantito l'apertura della bella chiesa dei Santi Cosimo e Damiano. Momento particolarmente simbolico è stata la cerimonia di firma delle credenziali da parte del sindaco di Collesalvetti Adelio Antolini, alla presenza del consigliere regionale di zona Francesco Gazzetti (https://www.facebook.com/francesco.gazzetti.1), e dei soci CAI di Livorno, nei pressi di La Badia (sede nel medioevo della potente abbazia benedettina dei Santi XII Apostoli – intitolatura assai rara in Occidente ma alquanto diffusa in Oriente - dipendente da una casa madre di Provenza e chiesa-madre delle successive filiazioni di Nugola e Collesalvetti).
Appena uscito da Coltano, passando davanti alla stazione radiotelegrafica intercontinentale (la prima in Italia e una delle primissime al mondo, realizzata tra 1902 e 1906 su iniziativa del premio Nobel Guglielmo Marconi), il gruppo CAI di Bologna e Pesaro ha subito apprezzato il paesaggio, ormai familiare dal giorno prima, creato a partire dal XVI secolo su progetto degli ingegneri toscani (e spesso fiamminghi) al servizio del governo toscano di Medici e Lorena-Asburgo e completato con le ultime bonifiche fatte negli anni '30 del ‘900 dall'Opera ex-combattenti della Prima guerra mondiale.
Un paesaggio dominato da una rapsodia di ponti e fossi: Fosso del Caligi, Fosso di Oratorio, Fosso di Titignano, Fosso del Torale, Fossa di Chiara, Fossa Nuova, Antefosso (di quello che fu il Fosso reale) detto “dei Particolari”, l'Antifossetto (regimentazione del Fosso Fologno che scende da Vicarello), il Canale Scolmatore (che nel 1954 ha sostituito il Fosso Reale/Zannone e che dal 1986 raccoglie anche le acque in eccesso del Padule di Fucecchio), il Canale Imperiale (detto così in onore dell'imperatore Francesco Stefano di Lorena e della consorte Maria Teresa d'Asburgo regina d'Ungheria), il canale emissario che passando sotto l'Arno tramite “La botte” delle Fornacette porta nello Scolmatore e quindi in mare le acque provenienti da quello che fu il Lago di Bientina. Tutti questi fossi raccolgono le acque di una vasta e meticolosa rete di canali e canaletti, tangibile segno di una millenaria lotta dell'uomo per imbrigliare le acque che scendono giù da ogni angolo di quella che fu l'Etruria del Nord.
Aiutato dal lento scorrere dell'acqua nei canali e dal suono amico della pioggia, il passo è corso veloce, mentre il pensiero tornava indietro a rimuginare quanto imparato nei musei di Pisa e Coltano sull'Etruria antica e le abilità idrauliche dei suoi popoli.
Attraversando tutti questi fossi e canali che formano uno dei più importanti e complessi sistemi collettori idrici di Toscana, la mente andava alla storia di questa parte di Toscana in cui, tra il mare e i laghi di Bientina e Fucecchio, l'acqua è sempre stata elemento dominante, anche se non sempre egemone. A qualcuno è sembrato quasi di sentire il vociare laborioso di generazioni di contadini (e contadine) che con il loro sudore ebbero a scavare i canali, bonificare laghi e lagune, per coltivare (come oggi) questa ubertosa parte di Toscana. Accompagnati da simili pensieri il gruppo ha capito meglio anche come le Pisae (leggi “pise”) - luogo di incontro idrografico di tutta la Toscana - poterono assurgere (come avvenuto per Venezia e la sua laguna rispetto al Veneto) allo status di (de facto) «Tusciae provinciae caput», come si sarebbe detto ai tempi di Matilde di Toscana. Uno status che Pisa perse proprio quando non riuscì più (a differenza di Firenze e Lucca) a gestire a proprio favore il rapporto con il contado - in questo ostacolata da una mutata congiuntura internazionale, in cui l'importanza dell'acqua (e dei commerci marittimi) scemò a vantaggio della terra, che nell'Italia del secondo Rinascimento divenne la primaria fonte di ricchezza, causando una generale feudalizzazione della società (e un più efficace sfruttamento dei contadini). Considerazioni appropriate per ben preparare l'ingresso nel più tipico paesaggio contadino toscano.
La seconda parte della giornata, infatti, ha visto il gruppo di bolognesi e marchigiani salire sulle prime propaggini più settentrionali del “Montenero”, detto comunemente “Monti livornesi”. Guidati da una serie di tipiche case contadine dette “leopolde” (dai nomi tipici della dinastia danubiana: S. Leopoldo, S. Ferdinando, S. Costantino imperatore) di quelle che un tempo erano i “poderi” della Real Fattoria di Nugola-Collesalvetti (oggi proprietà Frescobaldi - visitabile, prenotando, l'annesso punto di vendita di eccellenze eno-gastronomiche), da filari di viti a perdita d'occhio, da bei filari di cipressi (l'albero-bandiera dell'identità toscana), i viandanti sono giunti a Nugola, incastonata in una bella macchia d'alto fusto (cerri, roveri, castagni, pini marittimi), dove inizia quell'angolo di Toscana contadina che, tra oliveti (che qui si chiamano chiudende), vigneti e alberi da frutto, nell'800 l'ultimo regnante di Toscana descrisse come “la parte più bella di Toscana”. Già di pertinenza dell'Ospedale di San Leonardo di Stagno e della già rammentata abbazia benedettina dei Santi XII Apostoli di Badia, Nugola fu trasformata in fattoria granducale quando fu donata a Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo il Grande (da qui l'intitolazione della parrocchiale ai Santi Cosimo e Damiano).
Qui i pellegrini hanno ritrovato un'atmosfera di altri tempi, quasi leopardiana. E chi sa che non sia passato di qui davvero l'autore della Ginestra (il famoso inno all'umana federazione), che sappiamo durante il suo soggiorno pisano fu spesso in contatto con la comunità greca pisano-livornese che proprio qui a Nugola aveva molte proprietà e nascose per un po' il suo più autorevole esponente: Ignatios, metropolita greco di Ungaro-Valacchia (la parte Sud-Orientale di quella che oggi chiamiamo Romania), eroe nazionale della Grecia moderna. Passato il ponte medìceo, il gruppo è arrivato a Collesalvetti, capoluogo di un importante e ampio comune, il primo di una serie di centri collinari maggiori allineati sulla S.P. n. 35 delle “Colline di Lari” che arriva fino a Santo Pietro Belvedere attraversando Fauglia, Crespina, Lari e Cevoli.
Collesalvetti è la comunità che ha l'onere e l'onore di essere comune capofila del “Cammino d'Etruria”, un progetto nato per aprire uno degli angoli più autentici della Toscana a tutti coloro che sono disposti ad avvicinarsi a questa terra con passo “lentius, profundius, suavius” (“più lento, più profondo, più dolce”), per dirla con le parole di un grande amico della Toscana, Alexander Langer. Non è un caso che a far da capofila al “Cammino d'Etruria” sia Collesalvetti, “cittadina ponte” tra Pisa e Livorno (è diocesi di Pisa ma provincia di Livorno), nella cui parrocchiale dei Santi Quirico e Giulitta troviamo l'icona della Madonna del Buon cammino (detta anche Odigitria, in greco "colei che guida nel cammino”) in stile romano-cristiano (detto normalmente “bizantino”). Per oggi è tutto! A domani per il resoconto della tappa n. 3.
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